Noi e la nostra amica "la Ragna"

Ancora ripieni del cibo accuratamente stivato nei nostri stomaci la sera prima durante la cena alla Viñales-zona-residenzialeBodeguita del Medio, la mattina del 3 Agosto, passando per Plaza de la Revolución, lasciamo finalmente l’Avana per fare rotta per la Valle ViñalesW.

La Valle ViñalesW, come ci insegna la buona Wikipedia, è una depressione carsica di inusuale bellezza. E’ punteggiata di paesi e cittadine di varie dimensioni e dal 1999 è Patrimonio dell’Umanità.

Nel tardo pomeriggio, dopo parecchi impegnativi chilometri, arriviamo  a Viñales dove il gruppo viene diviso in due alloggi diversi: noi capitiamo in una piccola casettina abbarbicata su una collinetta con l’entrata su una strada sterrata e l’altro lato, quello con l’ingresso della nostra stanzetta, affacciato su una vasta e incolta distesa erbosa.

Le case particular sono generalmente molto semplici ma queste di Viñales le battevano tutte: la stanza era piccola e veniva tenuta fresca da un vecchio e rumoroso condizionatore che aveva visto – forse – tempi migliori. In fondo alla stanza un bagnetto completava l’alloggio.

La porta era sigillata e così la finestra: ogni pertugio meticolosamente tappato da gomme e guarnizioni.
Avremmo dovuto intuire qualcosa da questi indizi?

Dopo esserci sistemati trascorriamo il resto del pomeriggio visitando il paesino e ad una certa ora torniamo ognuno nelle rispettive case per darci una rinfrescata prima della cena che avevamo deciso di fare tutti assieme nella casa dove si trovavano i nostri amici.

Verso le 21 esco dalla porta della nostra stanzettina per andare a cena nella casa vicina, distante poche centinaia di metri.
La luce è fioca. Non esiste illuminazione stradale, in verità non esiste quasi neanche una strada.

Nell’oscurità, però, vedo un piattino per terra a pochi centimetri da me. Ad occhio sembrerebbe un piattino da frutta ma … che ci fa un piattino da frutta per terra davanti alla mia stanza con otto zampotte pelose e tanti, ma tanti occhietti blu?

Quasi soffocato dall’antica e incontrollata fobia per i ragni (che raggiunse l’apice quella volta in cui palpeggiai il morbido addome di un grosso ragno peloso in occasione della visita alle Grotte di Frasassi .., ma questa è un’altra storia!) rimasi a lungo immobile a fissare lo sgradito ospite … e lui rimase altrettanto tempo a fissare me.

Il resto delle azioni si svolsero a velocità della luce. Rientrai come una palla di cannone in stanza per cercare la macchinetta fotografica e, pochi secondi dopo, ero nuovamente fuori armato della mitica (e oramai scomparsa … ma anche questa è un’altra storia!) D50.

Avvicinandomi il più possibile (cioè quanto mi permetteva l’istinto di conservazione) immortalai la simpatica creatura in una serie di scatti e, completata la missione foto-reportistica, mi ritrovai con la necessità di invitare la sgradita ospite ad allontanarsi dai miei alloggi.

Ragna

Per indicarle la via provai pestando un colpo forte in terra ma non sortendo alcun effetto dovetti ripetere l’operazione più volte e più forte (pure la ragna sorda ci era capitata ….) per riuscire, alla fine, nell’intento di sfrattarla dal nostro pianerottolo.

La sera, a cena, feci vedere la foto del Mostro alla nostra padrona di casa che prima – preoccupatissima – mi chiese se l’avessi toccata (certo: io appena vedo un piattino da frutta peloso non resisto alla tentazione di andare a pettinarlo) e poi, saputo che mi ero limitato a fotografarla liquidò la cosa dicendo che si trattava solo de “la ragna … non fa male …”

Quella sera, per sicurezza, controllai comunque bene sotto il letto prima di coricarmi …

Il giorno successivo lo trascorriamo visitando il paesino e facendo una gita per le piantagioni di tabacco e di canna da zucchero dove ci venne offerta una bibita ottenuta dalla spremitura della canna da zucchero e servita all’interno di un pompelmo: squista!

In quell’occasione interrogo la nostra guida sulla ragna, mostrandogli la solita foto. Il tizio ci dice che la creaturina non uccide … almeno nella maggior parte dei casi.
Ha, comunque, la spiacevole abitudine di lasciare nella carne del malcapitato i suoi simpatici cheliceriW (“le tenaglie”) e oltre a tutti i disagi dovuti alla morsicatura c’è anche da aggiungerci, quindi, il fatto che appena morso ti ritrovi svariati etti di ragno attaccati al (per esempio) braccio, che devi afferrare il simpatico “ospite” con la mano libera e strappartelo di dosso e che poi devi correre a farti operare per rimuovere i cheliceriW

Hanno ucciso l’Uomo Ragno

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